Sembra una notizia di un’altra Era: Bruce Weber firma con un ritratto di Lady Gaga la copertina e l’articolo principale di Rolling Stone del mese di novembre. Ah… scusate, stiamo parlando di RS Italia… e questo è ancora più bizzarro, ma proprio per questo meritevole di attenzione. Ed è, specialmente quello di copertina, uno scatto che va a caccia di una referenzialità storica che non sappiamo se sincera o costruita.

Di sicuro, il sapore che se ne trae genera un combattimento interno: vogliamo (vorremmo) crederci, ma c’è qualcosa che però parzialmente stona; vorremo non cadere nell’elogio, ma non ci sentiamo di bocciare il progetto, “bollandolo” come un trucco di facciata (quel trucco che è stato tolto dal viso di Lady Gaga). Sembra Rolling Stone che fa finta di essere Rolling Stone, Lady Gaga che fa finta di essere “vera”, e addirittura Bruce Weber che fa finta di essere… Bruce Weber.

Mi dispiace, più ci penso, e più questo senso di “costruito” che fa a cazzotti con l’intenzione di risultare “naturale” è forte. Forse posso chiedere perdono allegando come scusa il fatto che Bruce Weber lo conosco professionalmente da tantissimi anni, che quando ho deciso che la mia vita avrebbe girato attorno alla fotografia c’erano nei miei occhi lui ed Herb Ritts (diciamo circa 30 anni fa), e quindi sono più sensibile e meno accomodante. Il merito, però, va al progetto perché non ricordo recentemente un motivo per “parlare di una copertina di una rivista italiana”, nel bene o nel male.

Ci sono ancora dei dettagli, prima di oltrepassare questa copertina: appare un nuovo “ruolo” finora sconosciuto, della “regia”, affidata a Carine Roitfeld (che nell’editoriale, il direttore Massimo Coppola definisce invece “direttore artistico”); entrambi i termini rischierebbero un approfondimento: da quando Bruce Weber (o un grande fotografo del suo calibro) avrebbe bisogno di “un regista”? Tra l’altro, a ben dire, Weber è “anche” un apprezzato regista e di sicuro nella sua carriera ha svolto il ruolo di direttore artistico. Magari è un vezzo del fotografo (l’avrà richiesta lui?), forse della rivista, ma sarebbe bello capire quale è stato il ruolo vero… considerando che la Roitfeld è una importante firma dell’editoria di moda francese (per dieci anni direttrice dell’edizione francese di Vogue e dal 2012 editrice di CR Fashion Book, per la quale Weber scatta spesso e volentieri). Una rivista (di musica “rock”) che si rivolge ad una editrice e direttrice per la direzione artistica della propria cover… anche questo non suona strano? Ancor più: se si voleva raccontare una Lady Gaga senza trucco e senza trucchi, serviva una firma della moda per la “regia”? Oppure forse questo conferma che, alla fine, tutto convalida quel ragionevole dubbio, ovvero che più che “essere” si stava puntando sull’apparire?

Non posso, a margine di questi pensieri che hanno nella fotografia (e nella sua storia) il primario focus, non notare anche i caratteri usati (nella copertina, ma anche e soprattutto nell’impaginato)che nella loro eleganza e leggerezza stridono con tutta la storia (culturale, concettuale e grafica) della testata originale. E’ un contorno che aggiunge un linguaggio che con il rock non ha molto a che vedere, che è più fashion che grunge, più “apericena milanese” che boccale di birra al malto in un pub. Ma forse il rock oggi è così…