Il numero di gennaio 2017 di Wired (edizione americana) è speciale, di quelli da collezionare, per più di una ragione.
Partiamo dalla copertina: l’illustrazione è dell’onnipresente (editorialmente parlando) Christoph Niemann, che da subito ci introduce ad un Wired diverso, in cui persino la testata è troncata, quasi fagocitata dall’abisso in cui anche i personaggi – madre e figlia? – stanno per cadere. E’ il “sci-fi issue“, un numero di Wired interamente dedicato alla fantascienza e, fin qui, potrebbe essere ancora un numero qualunque. Se non fosse che, avventurandosi nella lettura, si scopre che non ci sono articoli e recensioni, come al solito, bensì ogni pagina è pura finzione, un’opera di narrativa, contraddicendo quello che è uno dei punti fermi del fare giornalismo (o che dovrebbe essere tale, cioè dire la verità). In più, è il primo numero di Wired completamente illustrato (non ci sono fotografie), rendendo così omaggio alla forma artistica che meglio può interpretare un’opera di fantasia.
Billy Sorrentino rende il numero speciale, quindi, con queste scelte, ma non solo: questo è l’ultimo Wired da lui firmato come Direttore creativo. Ad aspettarlo, poco lontano da San Francisco, c’è Apple che lo ha voluto nel suo design team, e a sostituirlo c’è l’italiano David Moretti che negli ultimi anni dagli uffici di Wired Italia, per cui è stato Art Director per nove anni, ha raggiunto quelli americani, con una scalata invidiabile.
Il 2016 è stato un anno a dir poco “particolare” per gli Stati Uniti, un anno che ha portato a quello che si concretizza oggi a Washington D.C. con l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Scott Dadich, nell’editoriale di questo numero di Wired, ricorda come cellulari, robot e sottomarini siano stati prima inventati dalla penna di uno scrittore e soltanto poi raccontati da quella di un cronista della realtà, e di come la finzione ci porti a riflettere e fantasticare: a pensare a ciò che è possibile, impossibile, terrificante o desiderabile.
We still want you to have fun. Because after 2016? You deserve it. — Scott Dadich
In concomitanza con la distribuzione nelle edicole americane (qui in Italia l’ho visto in giro solo poco più di una settimana fa), Condé Nast ha diffuso un annuncio importante: a lasciare il team di Wired, dopo Sorrentino, è anche Scott Dadich, sostituito da Nicholas Thompson (ex redattore di Wired stesso e del New Yorker online). Dadich rappresenta un caso particolare nel mondo editoriale: dopo un’esperienza in piccoli team, in cui ha potuto declinare le sue attività sia in ambito strettamente giornalistico che creativo (a Texas Monthly, come raccontava in videoconferenza a The Modern Magazine 2015), è giunto al reparto creativo di Wired, diventando promotore di un innovativo approccio all’editoria digitale: suo, infatti, è stato il progetto di Wired su iPad che, anche se tra tante critiche, ha fatto scuola. Da lì è succeduto a Chris Anderson in qualità di direttore della rivista, passando da una mansione strettamente creativa a quella più alta e onnicomprensiva di editor-in-chief, creando con Sorrentino un dream team che ha firmato numeri di successo, in una fase di transizione non solo del settore editoriale, ma anche tecnologico: Wired ha sempre cercato di raccontare il futuro… un futuro che negli ultimi anni è diventato presente e come tale presenta nuove sfide e richiede nuovi modi di essere raccontato. In un comunicato, Dadich spiega “Nessuno può conoscere il futuro, ma so di essere al massimo della felicità quando lo sto inseguendo. […] Come giornalista lo si guarda dalle retrovie, per questo ho deciso di scendere in campo in prima persona”: il primo febbraio aprirà ufficialmente le porte Godfrey Dadich, la sua “strategy, design, content firm”.
Con l’addio di Dadich e Sorrentino si chiude un’epoca, ma ne sono sicura: sentiremo presto parlare di entrambi… anche su Netflix, dove il 10 febbraio debutta la serie documentaristica “Abstract, the art of design“, ideata dallo stesso Dadich.
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