Negli anni successivi all’avvento di Internet è diventato un tema sempre più discusso quello del fare e farsi pagare i contenuti veicolati digitalmente. Come scrisse qualche anno fa Beppe Severgnini parlando di ebook, “quello che conta è la marmellata, non il vasetto che la contiene“, ma certo non sono bastate le sue semplici, ma precise parole a convincere tutti coloro che inevitabilmente associano al termine “digitale” quello di “gratuito“. Anche i maggiori editori hanno tentato e stanno tentando di erigere fantomatici paywall (da un paio di giorni anche il Corriere della Sera, con tanto di redesign del sito) che sbarrano l’accesso ai propri siti web se non previo pagamento, ma questa strada rimane difficile da intraprendere da tutti i piccoli editori o blogger che trovano nell’online la forma più economica (almeno a livello di produzione) di editoria.