Oggi si chiude un capitolo nel mondo dell’editoria. Non delle riviste, non degli editori, ma della tecnologia. Ed è una bella (brutta) metafora da raccontare a chi è più giovane, e a chi invece – come il sottoscritto – l’ha vissuta sulla propria pelle.
Oggi Quark, azienda “madre” di X-Press, è stata venduta ad un fondo di investimento, Parallax Capital Partners (qui la fonte ufficiale: Quark Acquired by Parallax Capital Partners). Ora, sui comunicati stampa e negli articoli in giro si parla di “reinventare la società, di grandi opportunità, dell’eccezionale occasione che porterà incredibili risultati”: questo tono compiaciuto davvero risulta stonato e fuori luogo. Sembrano quei commenti dei politici di fronte all’evidenza dei fatti di una cocente sconfitta post elezioni: tutti hanno vinto, anche quando hanno perso.
La storia di XPress è che un software che è stato il leader incontrastato nel mondo del DTP, che ha fatto nascere milioni di riviste in tutto il mondo (in piccolo, anche le nostre), con un tasso di penetrazione che rasentava il 95%, è riuscito ad autodistruggersi perché non si è preoccupato della concorrenza che si chiamava Adobe, e che secondo noi ha fatto nascere il progetto “Creative Suite” proprio per far la guerra a XPress, perché era l’unico campo del design grafico (il publishing) dove non riusciva a penetrare, e non era bastato comprare Aldus e il suo PageMaker che era stato il punto di riferimento per l’impaginazione nei primi anni del desktop publishing. Ma, specialmente, Quark non ha ascoltato e non ha rispettato i patti con i clienti, che erano – chiaramente – le mucche da mungere. Copie protette, aggiornamenti costosissimi, mancanza di sensibilità per ascoltare le esigenze di un mercato che non aveva nessuna voglia di cambiare, ma solo di procedere sulla strada più giusta. Poi è arrivato OsX e Quark non ci ha creduto per un bel pezzo, e poi ecco inDesign.
Ho iniziato ad usare la prima versione beta di inDesign, in pratica l’ho visto nascere e non ho avuto alcun dubbio: il software di Adobe era ancora terribilmente immaturo, pensate che pesava all’epoca solo pochi mega, e gli stampatori/fotolitisti nemmeno volevano saperne di gestire quei files… ma si trattava di una scelta di campo: all’epoca non volevo qualcosa di “nuovo”, volevo evitare qualcosa di “vecchio”… e come me tanti, tantissimi si sono aggregati a questo carro: non “pro-inDesign”, ma “contro-XPress”. Non ho mai visto un prodotto così tanto usato e al tempo stesso così poco amato.
XPress ha iniziato a perdere terreno, è rimasto prima attaccato ai contratti solidi con molti grandi editori, e si è salvato grazie alla grande pigrizia di questo settore. Ma poi è sprofondato nel nulla, giorno dopo giorno. Non ha nemmeno tentato di sfruttare in modo intelligente le incertezze di Adobe nell’evoluzione digitale, dell’iPad, eccetera. Certo, ha fatto anche XPress (in ritardo) le sue scelte che sono state quelle di adottare soluzioni di terze parti, e pur avendo intuito la strada giusta (Html5) non ha saputo interpretarla, non ha saputo nemmeno commercialmente fare dei passi alternativi rispetto al grande “nemico” (e sarebbe stato facile, di errori commerciali nel campo dell’editoria digitale Adobe ne ha fatti tanti e gravi)
Lo stupore oggi non è che sia stata venduta e che probabilmente verrà usata per sfruttare competenze software in campi affini, ma non certo legati all’editoria come la intendiamo noi (almeno qui). Lo stupore è che abbia ancora la fiducia di qualcuno disposto ad investirci soldi. Quark è stata una delle aziende al centro dell’innovazione digitale, possedeva un vero monopolio, ed è stata spazzata via perché non è stata capace di interpretare i cambiamenti, anche quelli più evidenti. E’ stato un colosso, nel mondo dell’editoria, e oggi è il fantasma di quello che era… la metafora ovviamente si può allargare a tutto il settore dell’editoria, dove i colossi di un tempo sono solo deboli figure in un panorama che oggi è governato da nomi che dieci anni fa (o poco più) nemmeno esistevano.
Il consiglio è di stampare l’immagine che pubblichiamo in questo post (bandiera della mitica versione 3.1 di XPress, quella che usavamo tutti… ma proprio tutti, così perfetta che sembrava impossibile poter chiedere di più) e di tenerla sempre davanti agli occhi: nelle redazioni, nelle sale riunioni, negli uffici dei piani alti dei palazzi del mondo dell’editoria. Per ricordarsi che si può cadere in fretta, dalla cima al duro asfalto del marciapiede, che se non si vuole rischiare questo disastro bisogna agire ascoltando il mercato, osservando la concorrenza quando è ancora piccola da non poter impensierire, mettendo davanti a tutto umiltà perché non si è mai abbastanza grandi per proteggersi dalle ondate degli tsunami.
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